Essere custodi uno dell’altro: che incanto! Area Welfare e comunità 6 Ottobre 20206 Ottobre 2020 Capita spesso che a noi famiglie e ai padri gesuiti della comunità venga chiesto perché siamo venuti qui a Villapizzone, ad abitare questa grande casa della piazza. Potremmo rispondere che l’essere arrivati qui è stata la risposta al desiderio di vivere uno stile di relazione fatto di incontro e ascolto, dove mettere al centro la fiducia, il rispetto e la benevolenza, in altre parole: il sogno di provare a vivere insieme come fratelli. Fin dal 1978, anno in cui è partita l’esperienza, ricostruendo la casa si è cercato di costruire una comunità che non fosse chiusa in se stessa, ma aperta al territorio, in rete con la parrocchia e le associazioni che operano con le loro attività. Non solo, quindi, ridare vita a vecchi muri entro cui tentare una vita fraterna, ma, ciascuno a proprio modo, intrecciando relazioni di prossimità e di cura, lasciando la porta di casa aperta, accogliendo e lasciandosi accogliere. ‘Prenderci a cuore’ è un cancello sempre aperto che invita a entrare, è un cartello con la scritta ‘rallentare’ per provare a essere più attenti a chi cammina al nostro fianco. E’ un luogo dove poter sostare e potersi rigenerare ammirando fiori e piante curati e cresciuti con amore, un posto dove lasciarsi interrogare e stimolare, un punto di riferimento per tante persone del quartiere, oltre che per le numerose richieste di accoglienza in famiglia. Cerchiamo di accoglierci e di sostenerci nel quotidiano, ci impegniamo ad accogliere e curare una relazione più intima con chi incrocia il nostro cammino. A volte basta un sorriso o un po’ di tempo dedicato all’ascolto, a volte un caffè bevuto insieme condividendo una gioia o un dolore. E’ sufficiente fermarsi un attimo davanti al viso di una mamma che piange e chiedere con semplicità se ha bisogno di aiuto. Ci è capitato, e così abbiamo fatto la conoscenza di donne eccezionali a cui è bastato un appiglio per riprendere a vivere, lavorare, sorridere. E’ proprio nell’incontro amichevole, nel constatare che c’è chi dedica del tempo all’ascolto, che le persone si aprono e si lasciano accogliere. Ma deve essere un ascolto rispettoso, non giudicante. Non è un aprirsi a senso unico, deve essere la condivisione di un pezzo della nostra vita. Non facciamo nulla di nuovo, anzi. “Esponendomi all’altro, accogliendolo presso di me, nella mia casa, alla mia tavola, o semplicemente sulla soglia – e a condizione che io sia vero con me stesso in questa accoglienza – sono sempre in attesa che l’altro faccia lo stesso. Se per miracolo lo fa, io divento suo ospite ed egli mi dà ospitalità.” Christoph Theobald Questa la bellezza della reciprocità della cura, del prenderci a cuore. Nello stupore che condividendo tutto ciò che siamo e tutto ciò che abbiamo, riceviamo in dono molto di più di quello che doniamo, e tutto ciò dà senso alle nostre vite. Il Cardinal Martini ci aveva detto: “Non raccontate quello che fate, ma quello che avete capito vivendo.” Vivendo insieme abbiamo capito che qui abbiamo la possibilità di stare nel mondo, nel modo che sentiamo buono per noi e per le nostre famiglie. Vivendo insieme abbiamo capito che è il modo in cui guardi le cose e cosa decidi di mettere al centro che è fondamentale. Abbiamo capito che occorre cambiare la prospettiva, spostare il baricentro da me stesso all’altro, semplicemente accettando l’altro per quello che è, e non per come vorrei che fosse. E’ un percorso di crescita, che ci insegna ad accarezzarci e a sostenerci reciprocamente con uno sguardo benevolo. Crediamo che una vita vissuta in modo buono non possa tralasciare la premura verso il prossimo, la sollecitudine a favorire il benessere dell’altro, l’impegno a far fiorire le sue possibilità. Questo periodo così critico e surreale che abbiamo tutti vissuto ci ha obbligato a stare in un tempo indefinito da tanti punti di vista. In un tempo che non ci appartiene e non gestiamo, abbiamo vissuto una condizione nuova dove abbiamo provato sentimenti di timore e spaesamento. Abbiamo sperimentato una vita distanziati e con le porte chiuse. Come famiglie della comunità di Villapizzone abbiamo sentito forte la responsabilità di elaborare questa esperienza e sperimentare nuove forme di solidarietà e prossimità familiare verso chi è più fragile e più soffre. “Tenere l’altro nel proprio sguardo è il primo gesto di cura. Perché lo sguardo ha un potere generativo: ogni volta che qualcuno ci guarda con benevolenza, ci accoglie in lui e ci rimette al mondo.” L. Mortari Elena Godi Pistocchini – Comunità di Villapizzone, Milano