Casa è: convivenza e condivisione. Area Welfare e comunità 2 Ottobre 2020 …Cos’è casa e cos’è stata casa per me nel 2020? Dietro una parola così breve si nascondono un sacco di sfumature e di passaggi. Beh “casa” è sempre stato quel luogo dove riposarsi, dove rientrare la sera, in cui trovare un posto alle cose, le mie cose: appendere un quadro, appoggiare un vaso, lasciare una giacca sul divano… E poi, poi è lo spazio dove l’intimità più profonda si insinua: cantare una canzone, provare due passi di quel ballo che non riesci a imparare; fare avanti e indietro mentre sei al telefono, ridere, ma poi anche piangere, soffrire, pregare… avere la libertà di farlo, sola. Sì, per me casa, era la mia casa, dove vivevo sola, grande conquista di ogni giorno, vissuta non senza fatiche. E non parlo della fatica ad arrivare a fine mese, ma di quella di ascoltare muri muti, che non consolano, che possono solo assorbire, muri di pietra. Così è cominciata la mia casa nel 2020, fino al momento in cui qualcuno è entrato nella mia vita e, inevitabilmente, nella mia casa, dandole nuovi profumi e nuovi sapori. I muri continuano ad essere di pietra, ma l’aria ha un calore nuovo, che sa di amore. Oggi quella stessa casa è vuota, silenziosa, densa del dolore di una relazione finita. Non è più casa, abitata. Oggi per me “abitare” è altro. Non ne conosco l’etimologia, ma mi piace pensare che sia legata alla parola abito. E non quell’abito che per la fretta veniva abbandonato su una sedia in mezzo a tanti altri, ma quello che indossi sentendoti bene, che ti rende quasi perfetta. Questo cerco oggi in una casa, questo lato del verbo abitare. Abito in una casa grande, con una grande famiglia che come me lascia vestiti e scarpe in ogni dove, ma che indossa ogni giorno gli abiti dell’amore, della condivisione, della gioia e della fatica: mi aiuta ogni giorno a fare altrettanto. Abitare nel 2020, per me è questo: convivere e condividere, non le quattro mura di una casa, ma il calore di un luogo che è famiglia.