La casa rappresentazione delle parti del sé… abitarla per abitarsi. Area Welfare e comunità 25 Ottobre 202026 Ottobre 2020 “Si può interpretare l’abitazione come l’utilizzazione di un “utilizzabile” fra tanti “utilizzabili”. La casa servirebbe all’abitazione come il martello serve a piantare un chiodo o la penna a scrivere. Essa fa parte infatti dell’armamentario delle cose necessarie alla vita dell’uomo. Serve a ripararlo dalle intemperie, a nasconderlo dai nemici e dagli scocciatori. E tuttavia, nel sistema di finalità in cui si situa la vita umana, la casa occupa un posto privilegiato. (…) Il ruolo privilegiato della casa non consiste nell’essere il fine dell’attività umana, ma nell’esserne la condizione e, in questo senso, l’inizio. L’uomo si situa nel mondo come se fosse venuto verso di esso partendo da una sua proprietà, da una casa sua nella quale può in ogni istante, ritirarsi. L’uomo si pone all’esterno partendo da un’intimità.” Emmanuel Levinas – Totalità ed infinito – Jaca Book Sono partito da questa citazione per mettere a fuoco una dimensione della casa, una dimensione dell’abitare che mi sembra particolarmente interessante affrontare in questo tempo: la casa come luogo rappresentativo dell’interiorità in cui ciascuno di noi posizione la propria intimità per prepararsi all’incontro con l’esteriorità del mondo sociale e per la conseguente azione trasformatrice della realtà. Il raccoglimento in questo luogo indica una sospensione delle reazioni immediate sollecitate dal mondo, in funzione di una maggiore attenzione rivolta a se stessi. In questo tempo siamo stati accompagnati dagli eventi a cogliere questa sospensione come una attenzione fortemente sociale e di cura del mondo. Prendersi cura del mondo ritirandosi nella dimora è stato l’invito che il lockdown ci ha accompagnato a sperimentare e forse dovremo nuovamente vivere. Un ritiro che era/è per l’esistenza dell’altro, degli altri. Un ritiro pro-sociale. Un movimento che io amo definire deponente che tutti quegli atteggiamenti, che come i verbi latini, si presentano in forma passiva ma con un forte valore attivo. E’ interessante questa rappresentazione della dimora come contenitore che separa dal mondo e amplifica la dimensione dell’interiorità, che predispone uno spazio di transizione tra l’intimità del cuore, del corpo, del familiare e l’esteriorità del mondo, del fare, del sociale e che mette in scena le specificità dell’anima per disegnarne le forme dell’azione una volta che si è attraversata la soglia. E’ interessante giocare con questa immagine della casa come il luogo del conosciuto che prepara all’incontro con la diversità che sta fuori, con l’immagine della porta, dell’uscio che ci rimanda l’idea che la casa è fatta per essere disponibile ad aprirsi, per permettere di essere abitata e lasciata per uscirne e per facilitare l’approdo, dopo essersi preparati, al fuori, alla piazza, all’agorà e al kosmos. E’ interessante pensare alle stanze che la compongono: la spazio del riposo, della condivisione del cibo, della cura del corpo, dell’ospitalità, della conservazione dei beni, vocate ai diversi aspetti della vita personale e affettiva. Ed è interessante mettere in relazione interno psichico, interiorità abitativa, dimensione esteriore. Per continuare a raccontare la casa nella logica del simbolo e della metafora proviamo a visitarla: la prima cosa che incontriamo è l’uscio che esso sia rappresentato da una porta o da un portone. Ed è il primo impatto che abbiamo col la casa, la sua possibilità di accesso e la sua difesa: come la vogliamo? Blindata, leggera, aperta chiusa… e cosa ci dice al suo primo apparire? Il patio o l’ingresso ci dicono che esiste una zona intermedia che ci accompagna ad una zona di maggior intimità, ci dice di un percorso che va fatto per entrare più in profondità attraversando uno spazio dove deporre gli abiti indossati fuori, avvertire il primo calore, sentire gli odori familiari; e poi la cucina che scopriamo come luogo del nutrimento e dell’accoglienza ospitale dove sostare per allestire la sostanza e la scena della convivialità; il soggiorno in cui la convivialità si fa conversazione, lettura, gioco e affaccio tramite uno schermo al mondo e dove si incontrano gli ospiti in questo continuo giocar dentro e fuori, magari troviamo nei pressi anche una biblioteca dove cultura e memoria alimentano la costruzione del sé e della progettualità personali per poi approdare alla camera da letto come spazio del riposo, del sogno e dell’intimità amorosa, vicino la stanza del bagno dove la cura del corpo regna padrona e nelle dimore più ampie possiamo scorgere il laboratorio o lo studio come luoghi di accesso alla esteriorità produttiva in situazione protetta. La casa rappresentazione delle parti del sé… abitarla per abitarsi. Cosa vuol dire non poterla abitare, non averla? Pensateci. Michele Marmo.